“Io non fotografo la vita reale, ma la vita come mi piacerebbe che fosse”.
Questo affermava Robert Doisneau il grande fotografo francese a un ulteriore grande fotografo, Frank Horvat, nel corso di un dialogo avvenuto tra i due nel 1987, pochi anni prima della sua morte, avvenuta nel 1994.
Nel corso della conversazione Doisneau affermava anche: “Il vantaggio che abbiamo nei confronti di pittori e scrittori è che noi non perdiamo mai il contatto con l’aspetto grezzo della vita. E’ una lezione di umiltà e ci salva da alcune trappole. Ma soprattutto ci nutre. La vitalità degli altri ci nutre, senza che loro lo sappiano.”
Doisneau d’altra parte si rendeva conto che a differenza di molti anni prima la gente reagiva meno amichevolmente nei confronti della sua macchina fotografica. Questo, a suo avviso, perché molti impugnavano le proprie macchine fotografiche quasi fossero delle armi dalle quali la lepre dall’altra parte difficilmente si sarebbe sentita a proprio agio.
Il fotografo ammetteva, altresì, di aver avuto problemi, a causa del diritto della privacy, con le persone fotografate, nel cogliere la loro spontaneità.
“Spesso devo fermare le persone e chiedere: “Vi ho notato passando, potreste baciarvi di nuovo?”. E’ quel che è successo con la foto de “Gli amanti dell’Hotel de Ville” dove i due innamorati hanno ripetuto il loro bacio. …Il fatto che la foto fosse costruita non mi ha dato fastidio. Dopotutto non c’è niente di più soggettivo dell’obiettivo, non mostriamo mai le cose come sono in realtà…”.
A lui interessava rappresentare un mondo dove si trovasse bene, nel quale le persone fossero cordiali, dove potesse trovare la tenerezza a cui aspirava. “Le mie foto erano la prova che un tale mondo potesse esistere”.
Questo affermava Doisneau chiacchierando con Horvat nel lontano 1987.
Prendendo spunto da queste parole del grande fotografo vorrei illustrare ciò che vorrei venisse fuori dalle mie foto, ciò che vorrei giungesse alle persone che hanno modo di guardare le mie foto.
Devo confessare che Robert Doisneau è per me un punto di riferimento.
Quando scatto una foto, dopo aver meditato a lungo, il mio auspicio è quello che la mia foto piaccia.
Non che appaia bella o interessante o tecnicamente valida nel suo insieme ma che provochi trepidazioni positive nel guardarla.
Aspiro a che rievochi bei ricordi, che susciti quel sottile brivido che ti pervade quando vedi ciò che ti impressiona e ti fa sentire vivo oltre ogni misura.
Tendo, con le mie foto, a suscitare emozioni.
Questo è quello a cui personalmente anelo.